I CIBI FERMENTATI: workshop intensivo, 29 novembre

19 Ottobre 2015
nanay

I CIBI FERMENTATI 

– la vita che alimenta la vita –

LABORATORIO PRATICO INTENSIVO, DOMENICA 29 NOVEMBRE DALLE ORE 10,00 ALLE ORE 18,00. CON CARLO NESLER

Molti cibi fermentati si possono ottenere con metodi semplici e casalinghi, utilizzati un tempo in ogni casa. Questo laboratorio permette di entrare nello strabiliante mondo dei cibi fermentati e di fare varie esperienze in questo campo, dal pane alle verdure sotto sale, i crauti, lo yogurt, l’idromele, cibi a base di cereali e legumi, ecc.. Si tratta essenzialmente di acquisire dei principi di base e delle semplici precauzioni per poi essere in grado di preparare a casa propria cibi vivi, deliziosi e nutrienti in totale sicurezza.

Attraverso la fermentazione dei cibi è possibile migliorarne le qualità nutritive ed organolettiche. Si possono ottenere cibi più digeribili e sicuri, che rinforzano il nostro sistema immunitario. In molti casi la fermentazione permette di eliminare delle tossine naturalmente presenti nei cibi e ridurre eventuali residui chimici. Ma soprattutto ci fornisce gli enzimi necessari per la digestione e il buon funzionamento dell’organismo.

Contributo richiesto: euro 35 a persona, comprensivo di quasi tutti i materiali.

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MICROBIODIVERSITÀ E NATURA SPONTANEA

Mangiando una grande varietà di cibi fermentati vivi, si favorisce la diversità tra le colture microbiche presenti all’interno dell’organismo. La biodiversità è sempre più riconosciuta come elemento cruciale per la sopravvivenza degli ecosistemi su grande scala. La Terra e tutti i suoi abitanti hanno in comune una stessa matrice di vita ininterrotta, interconnessa ed interdipendente. Le tremende ripercussioni dell’estinzione di alcune specie viventi illustrano drammaticamente l’impatto che la perdita di biodiversità ha sul nostro pianeta. La sopravvivenza della nostra specie dipende dalla biodiversità.

La biodiversità è altrettanto importante a livello microscopico. Potremmo chiamarla micro-biodiversità. Il nostro corpo è un ecosistema che funziona in modo efficiente solo quando è popolato da diverse specie di microorganismi. Certo, è possibile acquistare integratori nutrizionali ”probiotici” contenenti specifici batteri selezionati per favorire una sana digestione. Tuttavia fermentando i cibi e le bevande per mezzo di microorganismi spontanei, presenti nel nostro ambiente domestico, aumentiamo la nostra interconnessione con le forze vitali che abitano il mondo che ci circonda. Se invitiamo le popolazioni microbiche con cui condividiamo il pianeta ad entrare nella nostra dieta e nel nostro ecosistema intestinale, noi diventiamo il nostro ambiente.

La fermentazione spontanea ci permette di incorporare la natura selvatica nel nostro organismo, per divenire una sola cosa con il mondo naturale. I cibi spontanei, incluse le colture microbiche, possiedono una enorme forza vitale non mediata, che può aiutarci ad adattarci a condizioni mutevoli e a diminuire la nostra vulnerabilità alle malattie. Questi microorganismi sono dappertutto, e i metodi per fermentare il cibo con il loro aiuto sono semplici e flessibili.

I cibi fermentati vivi sono la risposta per ottenere longevità e salute? In molte società umane la cultura tradizionale associa la longevità a cibi quali lo yogurt o il miso. Molti ricercatori hanno trovato delle prove che confermano la fondatezza di queste idee. All’inizio del ventesimo secolo, l’immunologo russo e premio Nobel Elie Matchnikoff ha studiato i centenari dei Balcani che mangiavano yogurt, concludendo quindi che i lattobacilli “pospongono e migliorano la vecchiaia”.

Personalmente non sono incline a ridurre il segreto della longevità e della salute ad un qualsiasi prodotto o pratica. La vita è fatta di tantissime variabili, e ogni vita è unica. Ma è del tutto evidente che la fermentazione ha contribuito ad aumentare la longevità ed il benessere dell’umanità nel suo insieme. I metodi di fermentazione sono numerosi e differenti tra loro, essa viene praticata in ogni continente, in migliaia di modi diversi. Procedendo nella lettura di questo libro, si vedrà come è semplice giovarsi dei poteri nutritivi e curativi dei cibi e delle bevande fermentate di cui l’umanità ha goduto per migliaia di anni.

RIABILITAZIONE DEI MICROBI

La salubrità dei cibi fermentati

(Da “Wild Fermentation” di Sandor Katz)


I cibi e le bevande fermentati sono realmente pieni sia di sapore che di elementi nutritivi. I loro sapori tendono ad essere decisi e pronunciati. Basta pensare alla fragranza dei formaggi stagionati, all’intensità dei crauti, alla ricchezza del miso, alla sublime morbidezza dei vini. Il genere umano ha apprezzato da sempre questi sapori caratteristici che sono generati dalla capacità trasformativa di batteri e funghi microscopici.

Uno dei principali benefici della fermentazione è quello di conservare il cibo. I microorganismi della fermentazione producono alcol, acido lattico e acido acetico, tutti “conservanti biologici” che mantengono integri i nutrienti e prevengono il loro deterioramento. Verdura, frutta, latte, pesce e carne sono alimenti fortemente deperibili, e i nostri antenati hanno scoperto una quantità di metodi per immagazzinare i cibi disponibili nelle stagioni d’abbondanza al fine di poterli consumare successivamente. Il Capitano James Cook, l’esploratore inglese del diciottesimo secolo che allargò i confini dell’Impero Britannico, ricevette un encomio dalla Royal Society per aver sconfitto lo scorbuto (deficienza di vitamina C) tra i membri dei suoi equipaggi portando in navigazione grandi scorte di crauti. Durante il suo secondo viaggio intorno al mondo, negli anni ’70 del Settecento, furono consumati sessanta barili di crauti in ventisette mesi, e non un singolo membro del suo equipaggio fu colpito dallo scorbuto, malattia che in precedenza aveva mietuto moltissime vittime tra gli equipaggi delle navi impegnate in lunghi viaggi per mare.

Tra le molte terre che Cook ”scoprì” perché fossero annesse al regno della Corona vi erano le Isole Hawaiane (che Cook chiamò Isole Sandwich in onore del suo patrocinatore). È possibile trovare un interessante parallelo nel fatto che anche il popolo Polinesiano che attraversò l’Oceano Pacifico e popolò le Hawaii più di mille anni prima dell’arrivo del Capitano Cook si nutriva, nel corso dei viaggi più lunghi, con cibo fermentato, in questo caso il poi, un zuppa densa fatta con le radici di taro, ricco di amido, cibo ancor’ oggi popolare sia nelle Hawaii che in tutte le isole del Pacifico del Sud.

La fermentazione non solo conserva i nutrienti, ma li riduce anche in forme più facilmente digeribili. La soia ne è un buon esempio. Questo cibo straordinariamente ricco di proteine è praticamente indigeribile senza fermentazione. La fermentazione riduce la complessa proteina della soia in aminoacidi facilmente digeribili, donandoci alcuni tradizionali cibi asiatici come il miso, il tempeh, e il tamari (la salsa di soia), divenuti ormai alcuni degli alimenti principali anche della cucina vegetariana occidentale contemporanea.

Anche il latte è di difficile digestione per molti. I lattobacilli (un tipo di batteri presente nei prodotti caseari fermentati insieme a molti altri tipi di fermenti) trasformano il lattosio, lo zucchero semplice del latte che molti non sono in grado di tollerare, in acido lattico più facilmente digeribile. Allo stesso modo, il frumento che ha subito un processo di fermentazione è di più facilmente digeribile rispetto al frumento non fermentato. Uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Nutrizional Health ha messo a confronto miscele non fermentate e fermentate di orzo, lenticchie, latte in polvere e polpa di pomodoro trovando che “la digeribilità dell’amido è quasi doppia nelle miscele fermentate”. Secondo la United Nations Food and Agriculture Organization, che promuove attivamente in tutto il mondo la fermentazione come fonte cruciale di nutrienti, la fermentazione migliora la biodisponibilità dei minerali presenti nel cibo. Bill Mollison, autore delPermaculture Book of Ferment and Human Nutrition, definisce la fermentazione dei cibi “una forma di predigestione”.

La fermentazione crea anche nuovi nutrienti. Durante la loro vita, le culture microbiche creano molte vitamine del gruppo B, inclusi l’acido folico, la riboflavina, la niacina, la tiamina e la biotina. (Ai fermenti è stata spesso attribuita la capacità di produrre vitamina B12, altrimenti assente nei cibi di origine vegetale; tuttavia metodi di analisi più sofisticati hanno dimostrato che ciò che è stato identificato come vitamina B12 nella soia e nelle verdure fermentate è in realtà costituito da “analoghi” inattivi. La vitamina B12 si trova solamente in cibi di origine animale, e ciò induce a pensare che una dieta vegana soffra di una deficienza di questa vitamina in assenza di integrazione, la cui efficacia è però piuttosto controversa.)

È stato dimostrato che alcuni fermenti funzionano da antiossidanti, eliminando dalle cellule del corpo quei precursori del cancro conosciuti con il nome di “radicali liberi”. I lattobacilli creano gli acidi grassi omega-3, essenziali per le membrane delle cellule e per il funzionamento del sistema immunitario. Un commerciante di 4 integratori alimentari integrali fermentati esalta i propri prodotti affermando che “il processo di fermentazione produce grandi quantità di composti presenti in natura, quali superossido dismutasi, cromo GTF (un composto organico del cromo detto “Fattore di Tolleranza al Glucosio”), composti disintossicanti come il glutanione, fosfolipidi, enzimi digestivi e beta-1,3-glucani”.1 Francamente, questo tipo “sparate” nutrizionali non mi interessa. Non abbiamo bisogno di analisi chimiche per capire quali cibi siano salutari. Affidiamoci al nostro istinto e al nostro gusto. Tutti i dati concorrono a questa conclusione: la fermentazione rende il cibo più nutriente.

Inoltre la fermentazione elimina le tossine dai cibi. Questo fatto è dimostrato splendidamente dall’esempio della cassava, un enorme tubero nativo delle regioni tropicali del centro America divenuto uno degli alimenti base anche nelle regioni equatoriali dell’Africa e dell’Asia. Certe varietà di cassava contengono elevati livelli di cianuro e sono velenose fintanto che non vengono sottoposte ad un processo di fermentazione in ammollo. Il processo di fermentazione elimina il cianuro e rende la cassava commestibile e nutriente.

Non tutte le tossine dei cibi hanno effetti così drammatici come il cianuro. Tutti i grani contengono un composto chiamato acido fitico, che può inibire l’assorbimento di zinco, calcio, ferro, magnesio ed altri minerali provocandone la carenza nell’organismo. Fermentare i grani mettendoli a bagno prima di cuocerli neutralizza l’acido fitico, rendendoli molto più nutrienti. (anche la lievitazione con pasta madre contribuisce a eliminare l’acido fitico dalle farine integrali n.d.t.) Esistono anche altri composti chimici potenzialmente tossici, che pur se presenti nei cibi possono essere ridotti o eliminati dalla fermentazione. Tra questi i nitriti, l’acido prussico, l’acido ossalico, le nitrosamine e i glucosidi.

Mangiare cibi fermentati vivi è una pratica straordinariamente salutare, in quanto rifornisce in modo diretto il tubo digerente di colture viventi essenziali per scomporre i cibi e favorire l’assimilazione dei nutrienti. Non tutti i cibi fermentati sono ancora vitali quando li mangiamo. Certi cibi, per loro natura, non possono contenere colture vive. Il pane, ad esempio, deve essere cotto, e ciò causa la morte degli organismi in esso presenti (non sempre questo è vero n.d.t.) . Nondimeno, in molti cibi fermentati, specialmente quelli contenenti lattobacilli, la morte dei microorganismi può essere evitata, e questo li rende indubbiamente migliori dal punto di vista nutrizionale.

È necessario leggere le etichette con attenzione: molti dei cibi fermentati disponibili in commercio sono pastorizzati, e questo implica che sono stati scaldati a temperature tali da causare la morte dei microorganismi. Sebbene lo yogurt sia famoso per i suoi fermenti vivi, molti degli yogurt delle marche più conosciute sono pastorizzati dopo la fermentazione, in modo da uccidere i preziosi batteri. Gli yogurt con fermenti ancora vivi, generalmente lo indicano esplicitamente in etichetta. Anche i crauti sono portati normalmente ad elevate temperature ed inscatolati per prolungare la loro data di scadenza, e questo causa la perdita dei salutari batteri vivi, Persino il miso viene spesso essiccato e venduto in forma di polvere priva di vita. In quest’epoca ossessionata dalla sicurezza alimentare e dalla gratificazione immediata, se si desidera consumare dei cibi fermentati ricchi di fermenti ancora vivi è necessario prestare molta attenzione a ciò che si acquista oppure produrli direttamente in casa.

I cibi fermentati vivi, favorendo la salute dell’apparato digerente, sono in grado di controllare i processi che causano malattie quali la diarrea e la dissenteria. Questi cibi riescono persino a ridurre la mortalità infantile. Uno studio condotto in Tanzania ha messo a confronto i tassi di mortalità tra neonati svezzati con pappe preparate utilizzando cereali fermentati e non fermentati. Gli “episodi di diarrea” tra i neonati alimentati con cereali fermentati sono stati la metà di quelli riscontrati tra i neonati alimentati con cereali non fermentati. La fermentazione con lattobacilli inibisce lo sviluppo dei batteri che portano alla diarrea, quali la shigella, la salmonella e l’escherichia coli. Un altro studio riportato nella rivista Nutrition è giunto alla conclusione che una microflora molto attiva è in grado di prevenire malattie intestinali perché ilattobacilli “competono (…) con microorganismi potenzialmente patogeni per la conquista dei siti recettori sulla superficie delle cellule della mucosa intestinale”, e propone un trattamento con una strategia di “ecoimmunonutrizione”.

La parola ecoimmunonutrizione, per quanto lunga, mi piace. Mette in evidenza infatti che la funzione immunitaria di un organismo ha luogo in un contesto ecologico, un ecosistema di differenti colture microbiche, e che è possibile far crescere e sviluppare tale ecosistema microbico in se stessi attraverso la dieta. Essendo io una persona che convive con l’AIDS, la funzione immunitaria è qualcosa che ho costantemente presente. Non sto affermando che i cibi fermentati possano curare l’AIDS, né sto affermando che i cibi ricchi di colture batteriche possano curare dal cancro o da qualsiasi altra malattia. Non credo nelle panacee miracolose. Nondimeno, un buon numero di studi in campo medico ha identificato delle specifiche proprietà anti-tumorali e preventive nei cibi fermentati. Nel libro The Life Bridge: The Way to Longevity with Probiotic Nutrients vengono citati centinaia di studi di questo tipo, pubblicati in riviste mediche e scientifiche. L’insieme di questi studi conferma l’idea che gli organismi preposti alla fermentazione giocano un ruolo attivo nel proteggerci dalle malattie, quali organismi tra altri organismi.

A FAVORE DELLA COESISTENZA MICROBICA

La nostra cultura è terrorizzata dai germi e ossessionata dall’igiene. Più andiamo raccogliendo informazioni su virus, batteri e altri microorganismi patogeni, più aumenta la nostra paura di esporci a qualsiasi forma di vita microscopica. Ogni nuovo microbo killer divulgato in modo sensazionalistico dai mass media ci indice ad incrementare ancora di più la nostra diffidenza. Poche cose dimostrano più chiaramente questa reazione quanto l’improvvisa comparsa, in ogni parte degli Stati Uniti, del sapone anti-batterico. Venti anni fa il commercio di massa del sapone anti-batterico non era altro che un vago sogno nella mente di qualche dirigente dell’industria farmaceutica. Oggi il sapone anti-batterico è divenuto rapidamente il prodotto standard per l’igiene delle mani. Come risultato, sono forse diminuiti coloro che si ammalano? “Non vi è alcuna prova che i saponi anti-batterici facciano del bene, mentre vi sono motivi per sospettare che abbiano l’effetto opposto, in quanto concorrono a creare batteri resistenti agli antibiotici” è quel che afferma Dr. Myron Genel, presidente della American Medical Association’s Council on Scientific Affairs. Il sapone anti-batterico non è altro che l’ennesimo prodotto potenzialmente pericoloso venduto sfruttando le paure dei consumatori.

I composti antibatterici presenti in questi saponi, generalmente dei triclosani, uccidono i batteri più sensibili, ma non quelli più attivi. “Tra i microbi resistenti ci possono essere batteri (…) che prima non erano in grado di imporsi, mentre ora possono svilupparsi grazie alla distruzione dei microbi con i quali erano costretti a competere,” dice Dr. Stuart Levy, direttore del Tufts University Center for Adaption Genetics and Drug Resistance. La nostra pelle, i nostri orifizi e tutte le superfici presenti nelle nostre abitazioni sono ricoperte di microorganismi che aiutano a proteggere sia noi che loro stessi dagli organismi potenzialmente pericolosi che entrambi (noi e loro) incontriamo. Aggredire costantemente i batteri presenti sopra, dentro e intorno a noi con composti antibatterici indebolisce una delle difese che il nostro corpo usa contro gli organismi patogeni.

I microorganismi non solo ci proteggono competendo con altri organismi potenzialmente pericolosi, ma insegnano al sistema immunitario come funzionare. “Il sistema immunitario si organizza attraverso l’esperienza, proprio come il cervello,” dice Dr. Irun R. Cohen delWeizmann Institute of Science in Israele. Un numero crescente di ricercatori sta raccogliendo prove in supporto della cosiddetta “teoria dell’igiene” che attribuisce il drammatico aumento dell’incidenza dell’asma e di altre malattie allergiche alla mancanza di esposizione ai diversi microorganismi che si trovano nel suolo e nell’acqua non trattata. “Più alziamo il livello d’igiene dell’ambiente nel quale viviamo (…) più elevata diviene la probabilità di essere colpiti da asma e allergie,” afferma Dr. David Resenstreich, direttore di Allergy and Immunologyall’Albert Einstein School of Medicine di New York.

La paranoia per quanto riguarda i germi è stata alimentata dal recente terrore dell’antracite e dai conseguenti timori delle guerre biologiche. Nel numero di dicembre 2001 della newsletter Household and Personal Products on the Internet veniva scritto: “Una paura largamente diffusa – specificatamente dei batteri dell’antracite – ha spinto i consumatori a prendere in considerazione in modo più serio il problema dell’uso dei detergenti. (…) Ci si aspetta che la vendita di detergenti antibatterici subisca un’impennata.”

Un’igiene consapevole è molto importante, ma è impossibile evitare l’esposizione ai microbi. Essi sono ovunque. In un film per la televisione degli anni ’70 intitolato The Boy in the Plastic Bubble era raccontata in modo drammatico la tragica saga di un giovane uomo affetto da un disordine immunitario che gli permetteva di sopravvivere solamente in un ambiente libero da germi. Il ragazzo, interpretato da un John Travolta agli inizi della carriera, era costretto a vivere in una stanza sterilizzata, sigillata ermeticamente, e poteva interagire con gli altri solo tramite barriere protettive. Usciva periodicamente dalla sua stanza, protetto da una specie di tuta spaziale. L’esistenza all’interno di quella gabbia sterile era divenuta per lui così solitaria e triste da spingerlo alla fine ad evadere per vivere in modo normale, anche se solo per un breve intervallo di tempo, prima di essere inevitabilmente ucciso dagli organismi patogeni. Questa parabola della cultura pop ci aiuta a comprendere quanto sia impossibile ed indesiderabile isolarsi dai rischi biologici associati al fatto d’esser vivi.

Buona parte della medicina chimica occidentale tende a sradicare gli organismi patogeni. Nel caso delle mie medicine per l’AIDS, la strategia curativa viene chiamata “terapia anti-retrovirale altamente attiva.” Avendo tratto beneficio dai miracoli dei prodotti farmaceutici high-tech, non sono nella posizione di controbattere circa il valore di questo approccio. Credo fermamente, comunque, che la guerra ai microbi non sia una pratica sostenibile. “I batteri non sono germi ma piuttosto gli elementi che fanno germinare – e strutturano – tutta la vita sulla Terra,” scrive Stephen Harrod Buhner in The Lost Language of Plants. “Nel dichiarare loro guerra dichiariamo guerra alla struttura vivente alla base del pianeta – a tutte le forme di vita che conosciamo – a noi stessi.”

Sia la salute come l’omeostasi richiedono che gli umani coesistano con i microorganismi. I batteriologi hanno quantificato questo semplice fatto, stimando che nel corpo di ognuno di noi è ospitata una popolazione batterica composta da più di 100 trilioni (milioni di milioni) di elementi, e notando che “le interazioni di questi microbi colonizzatori con l’ospite non si può dire che non siano complesse.” Gli umani, e tutte le altre forme di vita, si sono evoluti a partire da, ed insieme a, questi microrganismi, e noi non possiamo vivere senza di loro. “In tutte le sue manifestazioni la natura massimizza la cooperazione mutua ed il coordinamento mutuo degli scopi,” ha scritto l’etnobotanico Terence McKenna. “Essere indispensabile agli organismi con cui si condivide un ambiente – questa è la strategia che assicura una riproduzione efficace ed una sopravvivenza ininterrotta.”

Lo studio della simbiogenesi considera l’innovazione evolutiva come una conseguenza della simbiosi, individuando la fonte di tutte le forme di vita nei procarioti, che sono cellule caratterizzate dall’assenza di membrane nucleari. I batteri sono procarioti. Il loro materiale genetico è libero di muoversi all’interno della cellula. “I geni provenienti dal mezzo fluido, da altri batteri, da virus, o da qualsiasi altro luogo entrano da soli nelle cellule batteriche,” scrivono le biologhe Lynn Margulis e Karlene V. Schwartz. Incorporando in se stessi il DNA presente nel loro ambiente, i procarioti ne assimilano i tratti genetici. Evolvono dapprima in eucarioti (cellule con membrane nucleari) ed infine in organismi complessi quali siamo noi stessi. Ma non hanno mai abbandonato la loro progenie; essi sono sempre con noi.

“I procarioti sono i magistrali artefici della nostra complessità,” spiega entusiasta Joel Kimmons, un mio amico scienziato che ha recentemente ottenuto un Ph.D. in nutrizione all’Università della California. All’interno del nostro corpo, e in modo particolare nell’intestino, i procarioti assorbono le informazioni genetiche che guidano le nostre funzioni organiche; essi sono parte integrante della nostra esperienza senziente. “Noi mangiamo e dunque conosciamo,” dice Joel. Gli esseri umani sono in relazione mutualmente benefica e dipendente con questi e molti altri microbi. Siamo simbionti, inestricabilmente interconnessi in una trama complessa al punto che mai potremo comprenderla appieno.

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